Il riciclo dei magneti permanenti è la svolta che i mercati stanno aspettando da tempo. Da qualche anno infatti, nell’immenso mondo dei magneti si parla di quello che può essere ancora scoperto, inventato e approfondito. In breve, si parla di futuro; una parola che può spronare la ricerca e i reparti R&D, ma che può anche spaventare molto.
La presenza della Cina nello scenario Europeo preoccupa molti settori, non solo quello preso qui in esame. Questo perché è il Paese che ha attualmente il monopolio sull’estrazione e sulla produzione di magneti in terre rare. Tuttavia, proprio le aree colpite da questo produttore incombente, oltre che “ingombrante”, possono influire sul mercato dei magneti. In Europa infatti ci sono tante realtà che hanno la possibilità provare a competere con la produzione cinese di alcune tipologie di magneti.
Il processo del riciclo dei magneti permanenti.
Sempre più approfonditamente si parla della possibilità di realizzare magneti partendo da materie prime non provenienti dalla Cina, o meglio, provenienti da “vecchi” magneti. Ed ecco che anche nel mondo dei magneti inizia quindi ad intravedersi la parola che sta dominando l’ultimo decennio europeo: riciclo.
Come si può creare un magnete permanente riciclato? Quali passaggi vanno effettuati? Ci si può veramente staccare dall’egemonia cinese per la produzione di magneti permanenti?
Per rispondere a queste domande occorre fare alcune premesse e ragionamenti in modo da evitare di incappare in sogni inutili e fantasie pericolose.
Come sempre, sono i dati e i fatti l’unica base di partenza utile per rispondere ai nostri quesiti. In questi termini ci aiuta ad esempio l’esposizione che si è tenuta tra il 3 e il 4 Dicembre 2024 ad Amsterdam, “The Magnetics Show Europe 2024”, con a tema il futuro dei magneti, le nuove tecnologie e dove mirano gli investimenti delle aziende pioniere del settore.
Come esperti di settore, è per noi necessario presenziare per essere sempre aggiornati anche sul tema del riciclo dei magneti permanenti. Per avere così i dati più importanti per analizzare quello che potrebbe essere il nuovo mercato, oltre a rispondere alle precedenti domande.
Durante le numerose conferenze che si sono svolte, sono emersi temi molto interessanti come l’estrazione delle materie prime, o gli strumenti per il controllo e l’analisi dei magneti. Ma anche le differenti tipologie di materiali ferromagnetici e i loro metodi produttivi. Tra i vari argomenti elencati sono emersi inoltre approfondimenti come il GBD (Grain Boundary Diffusion) e la produzione di magneti “second life”. Tutti argomenti notevoli che meritano un breve approfondimento, senza scendere in troppi dettagli tecnici.
Il ruolo cruciale del GBD nel settore del riciclo dei magneti permanenti.
La tecnica del GBD è presente già da qualche anno ma è, oggi più che mai, in fase di analisi da parte di molte aziende. Tale processo consiste in un’uniformità strutturale di elementi come il Disprosio il quale si lega rivestendo a livello molecolare i vari elementi del magnete. Non si tratta più di una semplice aggiunta di un componente all’interno della mescola per la sinterizzazione del prodotto finito. Si tratta bensì di un vero e proprio processo studiato, analizzato e soprattutto controllato. Inoltre il processo GBD offre il grande vantaggio di utilizzare una quantità di Disprosio ridotta rispetto al processo standard. Il risultato è la riduzione dei costi, mantenendo invariate le prestazioni.
Diverse aziende che lo utilizzano hanno fornito dati al riguardo, inerenti soprattutto al controllo che si può avere su questo tipo di processo. Questo ha permesso di realizzare nuove leghe di materiali difficilmente raggiungibili con i metodi tradizionali.
Senza scendere nel dettaglio, un magnete realizzato con la tecnica del GBD avrà, se voluto, valori di Hcj (la coercività intrinseca) molto più elevati dello stesso senza tale metodologia produttiva, utilizzando meno materiale. Oltre a tale miglioria, è importante sottolineare l’uniformità di prestazioni che questo processo mette a disposizione in ogni singola porzione di magnete, in modo omogeneo. Valori elevati e omogenei di Hcj consentono di avere un magnete che resiste meglio a campi/agenti smagnetizzanti esterni: uno di essi è la temperatura.
Settori come aerospace, automotive, della difesa e i loro reparti R&D, puntano molto su prestazioni elevate in ciascuno dei componenti all’interno dei loro prodotti. In questi termini, mantenere il controllo sulla temperatura di esercizio di un oggetto è fondamentale. Avere un magnete che consente di avere una gestione migliore, bilanciata e controllata della temperatura, unita al minore utilizzo di Disprosio, è certamente un vantaggio.
In conclusione, il GBD è un vantaggio enorme per chi cerca e vuole una soluzione innovativa e che soddisfa perfettamente le esigenze del mercato attuale. E il GBD si lega inevitabilmente con il prossimo argomento: il riciclo dei magneti permanenti e la cosiddetta “seconda vita”, o second life.
Quali sono però le sfide nel processo del riciclo dei magneti permanenti?
Realizzare magneti dal recupero delle materie prime provenienti da altri magneti, è sulla carta, un’ottima idea. Vediamo brevemente quali sono le difficoltà di questo tipo di processo e quali sono le soluzioni che alcune aziende hanno adottato per rendere fruibile tale tecnologia.
Il riciclo di un magnete in disuso.
Alcuni esempi sono stati portati in esame come metodologia di “distruzione” del magnete in disuso. Come ad esempio sottoporlo a un determinato numero di Bar di pressione, all’interno di una camera iperbarica in presenza di Idrogeno o Azoto. Questo procedimento “sgretola” il magnete in microscopici elementi, i quali filtrati, tritati e lavorati, sono quasi pronti per essere nuovamente sinterizzati per la realizzazione di un nuovo magnete.
I passaggi sono differenti e molto complessi, ma il concetto è che esiste la possibilità di rilavorare magneti in disuso, per produrne di nuovi.
Le prestazioni energetiche di un magnete riciclato.
Il secondo quesito è sulle prestazioni magnetiche che il nuovo oggetto potrebbe possedere una volta ri- sinterizzato e magnetizzato. Nessuno è riuscito ad ottenere, ad oggi, un magnete riciclato con le stesse performance di partenza, almeno in termini di Br (rimanenza magnetica). Tuttavia, i risultati sono ottimi per i livelli richiesti, infatti si recupera circa un 75-80% di Rimanenza rispetto al magnete di partenza. Si recuperano invece con più difficoltà le proprietà coercitive del magnete. Ed ecco che entra in gioco il GBD, il quale con un processo controllato e ottimizzato permette di avere valori di Hcj molto elevati. Abbiamo quindi una fusione di due nuovi concetti con la seconda vita di un magnete, con ottime prestazioni, almeno per quanto riguarda Hcj.
L’innovazione e il futuro seguono inevitabilmente i trend di oggi. I concetti di “green” e “riciclo” sono diventati le nuove parole chiave a cui fare riferimento, entrando a pieno titolo anche nel mercato dei magneti.
Concludiamo con una domanda, volutamente provocatoria, per far riflettere, non tanto sul tipo di metodologia applicativa presa in esame, ma sulla volontà di utilizzare tale tecnologia e sulla sua reale fruibilità in questo settore:
Un’azienda leader del mercato automotive, la quale vuole il meglio da ogni suo componente, sarà disposta ad acquistare e utilizzare un componente riciclato, rispetto ad uno nuovo? Pagandolo di più, se prodotto in Europa (ad oggi)? Con la consapevolezza che alcune prestazioni (Br) fondamentali, potrebbero non essere al loro massimo potenziale?
A questa domanda, non abbiamo ad oggi una risposta, poiché entrano in gioco troppi fattori per dare un parere positivo o negativo. Al tempo stesso, essa ci può far riflettere su quale direzione dovrebbero prendere i nostri sforzi, in termini di sviluppo futuro e riciclo di magneti permanenti.
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